Francesca Mitolo è una fashion designer, fondatrice del marchio Teeshare e co-fondatrice di Rèn Collective, movimento che si occupa in maniera propositiva e concreta di moda sostenibile. 

Ho incontrato Francesca per la prima volta in occasione del White Street Market a Milano, un festival di fashion e streetwear che ha dato spazio a talk, workshop e progetti mirati sulle tematiche di sostenibilità e cultura.  

Dopo essere venuta a conoscenza del suo magnifico progetto, le ho presentato il blog, convinta che il suo brand fosse perfetto per essere raccontato in questa sede. 

Inutile dire che il tempo corre ad una velocità tale che noi umani non possiamo che affannarci per  tenergli il passo (sigh!)… in poco più di due mesi dal nostro incontro – percepiti, ahimè, come fossero due giorni- vengo a scoprire che Teeshare, in seguito ad una collaborazione con Tiziano Guardini, avrebbe sfilato durante la Milano fashion week. Meraviglia! Mi sono precipitata a contattare Francesca la quale, con grande gentilezza (tratto saliente della sua personalità) e disponibilità, mi ha fatto avere un invito.

Super! …ecco che tutte le premesse  per la stesura di questo articolo stavano cominciando, mano a mano, a delinearsi, una in fila all’altra. 

Di Francesca mi ha colpito molto, oltre al concept che sta dietro al suo progetto, la sua forte umanità. Lo sapete che una parte del ricavato di Teeshare, viene donato all’ADMO (Associazione Donatori Midollo Osseo)? 

Prima di lasciarvi scoprire da soli, attraverso l’intervista, in cosa consiste il mondo Teeshare, vorrei fornirvi un elemento in più per tratteggiare al meglio questa bella persona che ho conosciuto, riportando di seguito una sua poesia che, tra l’altro, è divenuta parte integrante del labelling assieme a due adesivi Teeshare (biodegradabili ovviamente!) e un’etichetta in porcellana.

Francesca, mi racconti il tuo percorso professionale?

Ho lavorato moltissimi anni in studi di consulenza, principalmente per collezioni donna sportswear e denim in Italia e Spagna.
Ho vissuto in prima persona le migrazioni delle produzioni dall’Italia alla Cina, India e Turchia, un gioco al ribasso che teneva conto solo e unicamente del profitto finale.
Nella mia esperienza come consulente in Spagna, ho avuto la fortuna di lavorare a lungo per un marchio con produzione locale e proprio in quel periodo ho iniziato a pensare di fare qualcosa, unire tutte le mie esperienze lavorative e personali, accendere una luce per far vedere anche agli altri i meccanismi sempre più distorti della moda fast fashion. Mi sono auto finanziata e da gennaio 2013 ho ideato il progetto Teeshare, un connubio tra arte e moda sostenibile.

E’ più difficile produrre in maniera sostenibile? se sì, perchè? quali sono i limiti o le difficoltà? 

Sicuramente è più complessa e accurata la ricerca. Per esempio, se devo mettere in lavoro un’etichetta tessuta con il mio logo, è semplice reperire un buon prodotto italiano ad un prezzo competitivo, ma se la stessa etichetta devo farla realizzare con poliestere riciclato, il numero di fornitori si abbassa notevolmente e il prezzo (ad oggi), sarà sicuramente più elevato rispetto ad un prodotto standard. I limiti sono sempre i minimi produttivi per cui i piccoli e medi brand non riescono a raggiungere i prezzi più bassi e il prodotto finale risulta più costoso.

Che tessuti usi e da dove provengono?

Utilizzo un cotone organico certificato GOTS. Il Global Organic Textile Standard (GOTS) è il principale standard mondiale per la lavorazione tessile delle fibre organiche, compresi i criteri ecologici e sociali, supportato da una certificazione indipendente dell’intera filiera tessile. Il mio fornitore si chiama TINTEX textile e ha sede in Portogallo.

Quale canale utilizzi per vendere le tue creazioni oltre all’ e-shop? 

Vendo principalmente attraverso eventi privati quindi consiglio sempre l’iscrizione alla newslette per aggiornamenti sui vari appuntamenti.

Hai uno stilista di riferimento al quale ti ispiri?

Le mie ispirazioni principali arrivano dalle persone, mi piace osservare come riescono a mixare capi e colori. Vado sempre in qualche capitale europea a fare ricerca. Scelgo una caffetteria accogliente, magari con una bella luce, e osservo le persone che passano. Tra gli stilisti, nelle mie ricerche, non mancano mai Dries Van Noten, Margiela (gli esordi), Jacquemus e Delpozo.

Hai un team che ti aiuta o fai tutto da sola? 

Mi occupo da sola delle attività di ricerca, scelta tessuti, stile, scouting artisti, social network, tutta la gestione nella totalità del progetto, per il resto ho dei fidati collaboratori esterni. Sul sito la parte concept è dedicata a loro!

Come sono i ritmi della tua produzione?

Negli anni ho provato varie strade, non volevo che il mio fosse un brand con una stagione, nell’ ottica di consapevolezza d’acquisto preferisco non legare le collezioni che propongo a delle mode o dei trend passeggeri. Inevitabilmente però iniziando a vendere ai negozi, devi seguire i ritmi delle stagioni. Per esempio adesso si prendono gli ordini per l’estivo 2020 e si inizia a lavorare alla collezione invernale 2020/21. Io ho sempre dei continuativi in campionario, cambiano le personalizzazioni o collaborazioni artistiche.

Come è nata la collaborazione con Tiziano Guardini? in cosa consiste? 

Ho conosciuto Tiziano circa due anni e mezzo fa. Avevo organizzato insieme a un fidato amico, Stefano Brizzi, il primo Fashion Revolution a Torino. Tiziano era il nostro “special guest” perché aveva appena vinto il Green Carpet Fashion Award. Questa stagione ho accettato un lavoro a progetto di consulenza per la gestione della sua produzione e del nuovo campionario. Lavorando gomito a gomito è nata spontaneamente l’idea di creare in co-branding delle teeshare per la sua nuova collezione Atlantis.
L’idea è stata quella di creare dei claim da indossare legati alle tematiche che più da vicino ci toccano: moda e ambiente.

Una delle grafiche inoltre è stata pensata dal designer Luigi Ciuffreda.

E’ stata la prima volta che Teeshare è scesa in passerella in occasione della FWSS20, o era già successo? come l’hai vissuta? 

Agli inizi della mia vita professionale ho realizzato delle sciarpe che hanno sfilato durante la Milano Fashion Week. Stavolta però è stato molto più coinvolgente. L’ho vissuta in parte bene, con tanta emozione, e in parte con molta ansia! Sono grata alla vita per questa esperienza.

Pensi che il tema della sostenibilità nella moda sia solo un trend o una necessità per rimanere competitivi sul mercato?

 La sostenibilità non è una scelta, deve diventare uno standard qualitativo, domani dovremmo poter comunicare altro perché sarà la normalità produrre in maniera etica e sostenibile.

Certo è anche diventato un trend, sono numerosissimi i marchi che, improvvisamente, utilizzano la parola “green” e “sostenibile”… bisogna fare molta attenzione e informarsi.

Che cosa ti fa stare bene?

 Pensare che in ogni situazione c’è sempre una soluzione. Trascorrere del tempo con le persone che amo.

Hai altre passioni oltre la moda?

Viaggiare e frugare nei mercatini vintage. Adoro la carta e i pattern.

Progetti per il futuro?

Circa due anni fa, insieme ad altre professioniste, abbiamo istituito un’associazione di promozione sociale, un progetto di cultura che esplora il panorama della moda etica e del vivere sostenibile e lo diffonde interpretandolo attraverso iniziative stimolanti. Il nostro obiettivo è crescere e poter fornire anche servizi di consulenza per piccoli e medi brand. Si chiama Rén.

Inoltre, per la mia collezione Teeshare, sono in fase di grandi cambiamenti, vorrei sempre più lavorare sul recupero e il riciclo.

Per concludere, una domanda che faccio sempre: su una scala da 1 a 10 (dove 1 è non sostenibile e 10 è assolutamente sostenibile) quanto è sostenibile il tuo guardaroba?

Come voto al mio armadio do 8. Da almeno 10 anni, ho rivoluzionato il mio modo di comprare, quindi sicuramente c’è molta attenzione alla reale necessità e alla scelta su dove acquistare o se meglio riparare qualcosa che ho già. C’è margine di miglioramento, sulle scarpe, per esempio, ho alcune difficoltà. Ma come dicevo in qualche risposta fa, c’è sempre una possibilità.

Grazie! 

P.S.: Francesca, come me, ha un bellissimo cagnolino di nome Maki che ama alla follia, ma questo – lo sappiamo – lo può capire solo chi un cane ce l’ha. Chissà che un giorno Andy e Maki non si possano incontrare e correre insieme a più non posso su un rigoglioso prato verde…

(Photo credit Silvia Pastore)